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N° 106

 

VERITÀ E CONSEGUENZE

 

 

1.

 

 

La guerra di Hell’s Kitchen è finita. Finn Cooley è morto, assassinato da una giovane donna che credeva essere una sua alleata.[1] I suoi sogni di dominio del crimine organizzato sono finiti nel nulla.

            Nessuna guerra, però, finisce senza lasciare strascichi, macerie reali o virtuali da rimuovere. La vita continua e la gente cerca di riprendere le proprie esistenze cercando di dimenticare, ma a volte questo non è possibile. Le azioni hanno conseguenze e non tutte sono piacevoli.

            Mi chiamo Ben Urich e sono un giornalista. Ho un’altra storia da raccontarvi.

 

            Quando entro nella sala colloqui della sezione femminile del Centro Detentivo Federale di Manhattan posso percepire lo stupore della ragazza dall’altro lato del tavolo quando si rende conto che sono cieco.

            Mi siedo davanti a lei e dico:

-Buongiorno Miss O’Halloran. Mi chiamo Matthew Murdock e sono il suo avvocato.-

-Non ho mai richiesto un avvocato.- risponde lei quietamente.

-Questo non vuol dire che non ne abbia bisogno. Il Sistema richiede che lei sia assistita da un difensore durante tutte le fasi del procedimento a suo carico ed è toccato a me.-

-Lei non sembra il tipo del difensore d’ufficio. Indossa un bel vestito elegante, non del tipo che si trova ai grandi magazzini, come pure la sua immacolata camicia e la sua cravatta, che ha i colori della Columbia University, i capelli hanno un taglio impeccabile, segno che va spesso dal barbiere. Decisamente lei appartiene ad uno studio che fattura diverse centinaia di dollari l’ora.-

            Faccio un fischio e replico:

-Complimenti per lo spirito d’osservazione Miss O’Halloran. Ha ragione su tutta la linea, ma si dà il caso che il mio Studio difenda spesso anche chi non può permettersi un avvocato e che sia specializzato in casi particolari così la Corte ha deciso di nominarmi per seguire il suo.-

            Non era del tutto vero: si poteva dire che mi fossi offerto volontario ma questo lei non era tenuta a saperlo. La verità è che volevo saperne di più sulla donna che aveva tentato di uccidermi mentre ero nei panni di Devil.[2]

-Ed io sarei un caso speciale?- mi chiede con un tono ironico evidente anche per chi non ha supersensi.

-Ho studiato il suo fascicolo prima di venire qui.- rispondo -Lei e le sue due sorelle avete un interessante curriculum: campionesse di tiro e di arti marziali. Nate e cresciute s a Dublino, il vostro bisnonno ha partecipato all’insurrezione di Pasqua del 1916 ed ha servito tra gli irregolari dell’IRA che si opposero al trattato con la Gran Bretagna del 1922 nella successiva guerra civile. Vostro padre era un attivista pro IRA anche se ha cessato ogni attività politica dopo gli accordi del Venerdì Santo del 1998. Circa cinque anni fa lei e le sue sorelle siete… scomparse e pressoché nello stesso periodo hanno cominciato ad agire dei misteriosi assassini che firmavano i loro omicidi lasciando sul luogo dei loro delitti un fiore, una dalia per la precisione, di volta in volta nera, azzurra o rossa. Questo ha convinto gli inquirenti che si trattasse di donne, tre per la precisione. Per ovvi motivi i media le hanno soprannominate le Dalie.-

-Ed io sarei la Dalia Nera? Divertente.- replica Megan O’Halloran in tono di scherno -Non era una tizia uccisa negli anni 40 a Los Angeles? Io sono ancora viva.-

-Ma potrebbe non uscire più dal carcere se il Procuratore riuscirà a provare che ha commesso degli omicidi a New York.-

-Dalle prigioni si può evadere, Mr. Murdock e... le mie sorelle sono ancora libere.-

 

            Deborah Harris legge il prospetto che le ha appena dato il suo manager elettorale.

-Hai praticamente vinto.- le dice lui -Le elezioni di novembre saranno una passeggiata, credimi.-

-Io volevo essere il prossimo Sindaco non il Difensore Civico, Stuy.- ribatte Debbie.

-Avrai la tua occasione alla prossima elezione, per il momento hai già ottenuto più di quanto speravamo all’inizio.- replica, il miliardario Sterling Stuyvesant -Dalla tua posizione potrai fare molto per questa città, credimi.-

-Ed è quello che intendo fare Stuy, puoi esserne certo.- afferma lei con decisione.

 

 

2.

 

 

Rebecca “Becky” Blake è una donna forte, più di quanto lei stessa pensi di essere. Quando era ancora all’università un maniaco l’aggredì e non solo la violentò ma le spezzò anche la schiena rendendola per sempre incapace di camminare. Invece di cedere allo sconforto, Becky si impegnò, si laureò con lode, superò brillantemente gli esami di ammissione all’avvocatura e non permise alla sua menomazione di condizionare la sua vita. Il che non vuol dire che ogni tanto non pensi con rimpianto a ciò che avrebbe potuto essere. Quando questo accade, uno dei più efficaci sistemi per evitare di pensarci troppo è concentrarsi sul lavoro.

-Qualche caso interessante, Becky?-

            Al suono di quella voce lei alza la testa dall’incartamento sulla sua scrivania e si trova davanti, in piedi sulla soglia del suo ufficio, con l’aria un po’ imbarazzata, Franklin Nelson, Foggy per gli amici.

-Non vorrei disturbare.- dice ancora lui.

-Al contrario.- replica Becky -Non solo mi fa piacere vederti ma mi fa anche comodo un parere autorevole.-

-Il mio? È Matt quello bravo, io sono sempre andato a ruota.-

-Che sciocchezze. Ho imparato molto da te e lascia che ti dica che è bello riaverti tra noi. Ci sei mancato.-

Io… grazie. Mi sento un po’ strano a ritornare alla pratica privata dopo tutto questo tempo ma immagino che mi riabituerò presto.-

-Ci scommetto. Ora per quel parere…-

-Raccontami tutto.-

 

            La redazione di un grande giornale metropolitano è sempre indaffarata. Nelle loro postazioni i giornalisti scrivono i loro pezzi, li riguardano, li inviano ed attendono il parere del caporedattore o del direttore incrociando le dita.

            Ho appena finito il mio ultimo articolo, l’ho salvato ed ho cliccato su invio quando la vedo entrare e dirigersi con ampie falcate verso la scrivania di fronte alla mia: Candace Nelson è tornata al lavoro.

-Ciao Ben.- mi saluta con scarso entusiasmo.

            È stata assente per diversi giorni durante i quali ha raccolto un interessante dossier su alcune attività del Crimine Organizzato della Costa Orientale. Di come si sia procurata quelle informazioni non ha voluto parlare ma so per certo che ha rischiato la vita.[3]

            Qualunque cosa sia stata, l’ha segnata spero non in modo permanente. Non è più la ragazza allegra e disinvolta che era prima.

-Tutto a posto, Candace?- le chiedo.

-Mi conosci, Ben. Niente mi ferisce a lungo.-

            Sto per replicare quando si avvicina Kathryn Cushing, la Capo Redattrice della Cronaca Cittadina e si rivolge a Candace:

Te la senti di seguire una storia?-

-Certo.- replica lei -Di che si tratta?-

-Dell’ultimo atto del processo alle Punitrici.- spiega Kate -Oggi si saprà se Lynn Michaels resterà in ospedale psichiatrico o tornerà libera.-

-Ok, a che ora è l’udienza?-

-A mezzogiorno. Hai tutto il tempo.-

-Chi ha tempo non aspetti tempo.-

            Dicendo così Candace si alza, afferra la borsetta e si affretta verso l’uscita dopo avermi fatto un saluto veloce.

 

            Diario di Lynn Michaels. Annotazione n. 754. Attendevo il mio turno seduta al tavolo della Difesa in un’aula vuota. Indossavo un sobrio tailleur color panna fornitomi dalla mia avvocatessa e tenevo le braccia sulle ginocchia e la testa bassa. Era importante che tutti: periti, giudice, giurati, credessero che avessi compreso i miei cosiddetti errori e fossi sinceramente pentita.

                Ebbene sì: stavo approfittando delle scappatoie del Sistema, le stesse che mi disgustavano quando ero una poliziotta, ma non mi importava. La sola cosa importante era tornare libera: c’erano ancora molti criminali da punire la fuori.

                Sentii entrare la mia avvocatessa. Non alzai la testa ma ero sicura che fosse proprio lei: il rumore dei suoi tacchi ed il suo profumo di Dior erano indizi inequivocabili. Poliziotta o vigilante che fossi, avevo imparato a badare a particolari del genere.

                Si sedette accanto a me, mise una mano sulla mia e disse in tono rassicurante:

-Andrà tutto bene.-

                Jeryn “Jeri” Hogarth era una bruna elegante, figlia d’arte. Suo padre, che aveva il suo stesso nome, era uno dei più famosi avvocati di New York, ma a parte l’essere di sessi diversi, erano anche diversi caratterialmente, da quel che avevo saputo. Una cosa pare che li accomunasse, però: ad entrambi piacevano il lusso e le belle donne.

                Dell’orientamento sessuale di Jeri non mi importava un accidente. Forse stava tenendo la mano sul mio ginocchio un po' troppo a lungo ma non protestai ed anzi le sorrisi e replicai.

-Ne sono convinta.-

                Per quanto avessi una pessima opinione degli avvocati, avevo accettato la sua offerta di difendermi perché mi aveva convinto di potermi davvero tirare fuori dai guai. Di certo era riuscita ad evitarmi il carcere, restava da vedere se mi avrebbe evitato anche di passare il prossimo anno in un ospedale psichiatrico.

                Altro rumore di tacchi: Kirsten McDuffie, Vice Procuratore Distrettuale si stava affrettando al tavolo dell’Accusa.

                Un Ufficiale Giudiziario annunciò con voce stentorea:

-Tutti in piedi, entra la Corte!-

                Stava per cominciare l’ultimo atto.

 

 

3.

 

 

            Il Centro Detentivo Federale di Manhattan è un palazzo di 12 piani sito al n. 150 di Park Row, quartiere del Centro Civico che ospita quasi 800 detenuti tra maschi e femmine. Una parte è lì per scontare pene brevi ma la maggior parte vi si trova in attesa di giudizio presso la vicina Corte del Distretto Giudiziario Federale Meridionale dello Stato di New York. Tra questi ultimi si trovano Megan O’Halloran e Liam Malloy, entrambi killer professionisti di origine irlandese.

            Entrambi sono ammanettati e caricati su due distinti furgoni che poi si avviano verso la sede della Corte Federale a Pearl Street. Il tragitto, traffico permettendo, dura solo sette minuti ma possono essere sette minuti molto lunghi, decisamente molto lunghi.

            La Rolls Royce Silver Ghost modificata si immette nella scia dei due furgoni. Alla guida c’è un uomo dai capelli e baffi bianchi che veste la tradizionale uniforme da autista con tanto di cappellino; sul sedile del passeggero sta un’attraente donna dai capelli rossi e gli occhi verdi che sotto un impermeabile scuro indossa un’attillata tuta blu con cintura e grandi bracciali dorati.

-Non perderli di vista, Ivan.- esorta l’autista.

-Tranquilla, Zarina.- ribatte lui con un sogghigno -Non c’è alcun rischio che perda di vista quei bestioni.-

            Nonostante sappia molto bene che il suo padrino e mentore Ivan Petrovitch non è certo uno sprovveduto, Natasha Romanoff, la letale Vedova Nera mantiene un‘espressione preoccupata sul suo bel viso. Il suo istinto le dice che è molto probabile che stia per succedere qualcosa di brutto. Megan O’Halloran ha praticamente sbattuto in faccia a Matt Murdock che le sue sorelle tenteranno di liberarla e se lui è sicuro che non stesse bluffando, ne è sicura anche Natasha: il suo uomo non sbaglia mai in questi casi.

            Il momento migliore per tentare qualcosa è durante il trasporto dalla prigione al tribunale o viceversa, ma quando e dove è previsto che accada; sempre che accada proprio oggi?

            Improvvisamente uno dei furgoni sbanda e finisce contro l’auto che si trova nella corsia accanto.

-Maledizione!- esclama Natasha -Cecchino.-

            Senza nemmeno aspettare che Ivan rallenti, la Vedova Nera si sbarazza dell’impermeabile e si getta fuori dall’auto.

 

            Non sono stato abbastanza attento ed un uomo è morto per questo e forse non sarà l’unico. Devo fare qualcosa subito.

            Il mio superudito sente un rumore che altri non potrebbero udire: una specie di schiocco seguito dal sibilo di un secondo proiettile che viaggia ad alta velocità. Volevo bloccare il cecchino ma ora devo pensare a fermare il furgone ormai fuori controllo prima che provochi una strage.

            Se fossi l’Uomo Ragno potrei cercare di frenare il veicolo con la forza delle braccia ma io non sono forte come lui e non ho nemmeno la sua ragnatela, quindi faccio l’unica cosa possibile: mi aggancio al furgone e risalgo fino alla cabina di guida. Con le mie dita supersensibili riesco ad aprire il portello.

So già che sia l’autista che l’agente di scorta sono morti, colpiti in piena fronte con estrema precisione. Non ho il tempo di pensarci: scosto più che posso l’autista, afferro il volante e cerco di fermare il furgone. Forse ci riuscirei se avessi un migliore accesso ai pedali. Non riesco a frenare, posso solo evitare alcune auto e mandare il veicolo contro un lampione.

L’impatto mi sbalza fuori dal furgone. Per mia fortuna so molto bene come minimizzare gli effetti di una caduta simile.

Rotolo sull’asfalto e prima di potermi rialzare sento un profumo dolce ed intenso mentre una voce di donna con accento di Dublino dice:

-Devi proprio impicciarti sempre degli affari degli altri, Devil?-

            Un attimo dopo qualcosa di pesante si abbatte sul mio cranio.

 

            Nel secondo furgone Megan O’Halloran, per l’occasione vestita con un sobrio abito scuro, più adeguato della divisa arancione del carcere per presentarsi davanti al giudice, tiene la testa bassa e conta mentalmente.

Quando è ragionevolmente certa che è il momento giusto rialza di colpo la testa. I suoi piedi incatenati scattano verso l’inguine della guardia davanti a lei. Mentre l’uomo si piega per il dolore, lei si muove rapida agganciando con le manette il collo di quello alla sua sinistra. Lo spinge contro il compagno alla sua destra che si ritrova stretto contro la parete dal suo peso. Contemporaneamente spinge indietro il collo del suo prigioniero fino a che non si spezza con uno schiocco secco.

Con un movimento fluido sfila le braccia dal collo della sua vittima e gli sfila la pistola.

-Mi dispiace.- è il suo commento mentre spara agli altri due agenti penitenziari uccidendoli.

            L’intera azione è stata velocissima ed anche se i due uomini nella cabina di guida si sono accorti di quanto stava succedendo, non sono potuti intervenire.

            Mentre il furgone rallenta, Megan si impadronisce delle chiavi delle manette e si libera. Aprire il portello posteriore richiede solo qualche secondo in più.

            Come previsto il veicolo rallenta sin quasi a fermarsi e dopo aver preso un profondo respiro la giovane irlandese salta.

            Atterra con l’abilità di una consumata ginnasta ma si trova di fronte qualcuno.

-Sei stata molto in gamba, ma non ti servirà a nulla.- le dice una donna che parla Inglese con un lieve accento russo.

            La Vedova Nera è pronta all’azione.

 

 

4.

 

 

            La testa mi sembra pesare una tonnellata mentre cerco di rimettermi in piedi. Se non fossi riuscito a spostare la testa quanto bastava da evitare a sufficienza il colpo infertomi dalla mia avversaria con il calcio del suo fucile, ora invece di un bel mal di testa avrei il cranio fratturato.

            Sono ancora intontito mentre provo a rialzarmi. Qualcuno mi dà una mano e mi chiede:

-Tutto bene, Murdock?-

-Come puoi vedere, sono vivo, Ivan.- rispondo -E non chiamarmi con il mio vero nome quando sono in costume. Natasha?-

-La Vedova Nera è impegnata al momento, Devil.- risponde con un pizzico di sarcasmo Ivan Petrovitch.

-E la ragazza?-

-Intendi quella sventola dai capelli color rame e la tutina rossa? Già dimentico sempre che non puoi…-

            Il rumore di colpi d’arma da fuoco attira la nostra attenzione. Scatto immediatamente verso il retro del furgone.

Sento la voce della donna che mi ha colpito dire a qualcuno che, a giudicare dal battito cardiaco, è sdraiato all’interno del furgone:

-Liam Malloy, ti porto i saluti di Napper French.-

            Lancio il mio bastone che colpisce la canna della sua mitraglietta strappandogliela di mano prima che possa sparare.

Lei si volta a guardarmi stupita ed esclama:

-Devil? Credevo di…?-

-Non mi hai ucciso, Cait, se è quello che pensavi. Ho la testa dura.-

-E così sai chi sono.-

-Cait O’Halloran, la Dalia Rossa. Ho fatto i miei compiti. Tu e le tue sorelle uccidete per conto di quel che rimane degli irriducibili dell’IRA e non solo. Avreste dovuto rimanere nella Repubblica[4] invece di venire a seminare morti a New York.-

-Mi dispiace, Devil.- replica lei -Ma dovrò ucciderti.-

            Estrae una pistola ma ancora una volta sono più veloce e con il mio bastone la disarmo.

-Adesso…- comincio a dire.

            Lei mi sferra un calcio rotante che evito per un soffio. Di nuovo ci riprova dopo aver eseguito una piroetta. È brava ma io sono stato addestrato dal migliore.

Le afferro la caviglia, la sbilancio e la faccio cadere lontano.

-Di solito non mi comporto così con una ragazza al primo appuntamento ma…-

La sento ansimare ed indovino la sua prossima mossa prima ancora che lei riesca a farla e mentre il suo coltello passa abbastanza lontano da me, le blocco i polsi in una stretta ferrea.

-È finita- le sussurro.

            La mia mano si muove rapida. Una lieve pressione sul collo ed è svenuta.

 

            Arrivo nell’aula della Giudice Sandra Franklin giusto in tempo per vederla prendere posto sul suo scranno. La vostra Candace Nelson è sempre fortunata.

                Al banco dell’Accusa il Vice Procuratore Kirsten McDuffie non nasconde il suo nervosismo. Al contrario, al banco della Difesa, l’avvocatessa Jeri Hogarth sembra molto rilassata. Il volto di Lynn Michaels è una maschera impenetrabile.

Alla fine il Giudice parla:

-Esaminate tutte le testimonianze ed i pareri degli esperti, revoco la misura dell’internamento in una struttura psichiatria a carico di Lynn Michaels e stabilisco che debba seguire una terapia psichiatrica esterna secondo il programma che ora leggerò.-

                In praticala ex Punitrice dovrà farsi vedere per almeno un’ora alla settimana da uno psichiatra scelto dalla Corte finché lo psichiatra in questione non deciderà che non ne ha più bisogno.

                Kirsten McDuffie se ne va ma sembra meno abbattuta di quanto mi aspettassi. Jeri Hogarth sfoggia un sorriso trionfante. Lynn Michaels è più impenetrabile della Sfinge e non posso non chiedermi cosa le stia passando veramente per la testa.-

 

                Megan O’Halloran è faccia a faccia con Natasha Romanoff. Sul volto le appare un lieve sorriso mentre dice:

-La Dalia Nera contro la Vedova Nera, abbastanza appropriato non credi?-

-Pensala come vuoi.- ribatte l’altra.

            Il traffico intorno a loro si è fermato ed i presenti sono attenti testimoni di quanto sta per succedere.

            Megan punta la pistola che ha sottratto all’agente che ha ucciso senza rimorso. Il cavo della Vedova Nera saetta dal suo polso destro e la colpisce come una frustata strappandogliela di mano.

-Niente armi.- afferma la Russa.

-Come vuoi.- ribatte l’Irlandese.

            Le due avversarie si studiano per un momento che pare interminabile poi Megan scatta roteando su se stessa ma Natasha la blocca. Un secondo tentativo finisce allo stesso modo.

            La ragazza è chiaramente un’esperta di arti marziali ma questo non basta contro la Vedova Nera. Natasha sorride compiaciuta: è tornata in forma perfetta ed è perfettamente in grado di tener testa a quell’arrogante ragazza.

            Megan tenta una finta ma la sua avversaria la anticipa e la coglie con la guardia scoperta. Le sferra un calcio all’addome lasciandola senza fiato e quindi la colpisce con il taglio della mano alla carotide.

            Mentre la killer irlandese cade al suolo, la Vedova mormora:

-Sei un fiorellino piuttosto appassito adesso, tesoro.-

 

 

5.

 

 

            La ragazza dai capelli biondi acconciati a coda di cavallo che indossa un corpetto blu e pantaloni dello stesso colore si affretta verso una moto parcheggiata nei pressi dell’edificio in cui aveva sistemato la sua postazione di tiro.

            È andato tutto storto, pensa amaramente. Nella confusione creata dall’attentato ai due furgoni le sue sorelle se la sarebbero filata senza problemi dopo aver ucciso Liam Malloy e chiuso così i conti con la gang di Finn Cooley.

            Tutto calcolato al centesimo di secondo ma Devil e la Vedova Nera hanno rovinato tutto ed ora anche Cait è nelle loro mani. Dovrà studiare un nuovo piano per liberare sia lei che Megan e non sarà facile.

            Improvvisamente un cavo sottile ma robusto le aggancia la caviglia facendola cadere in avanti. Il fucile da cecchino le sfugge dalla mano e lei istintivamente la allunga per cercare di afferrarla, ma un piede femminile calzato di azzurro dà un calcio all’arma allontanandola.

-Basta con i fucili.- dice la Vedova Nera.

            Devil la raggiunge rapidamente e lega le mani della ragazza dietro la schiena usando il suo cavo.

-Terrà quanto basta.- le dice.-

-Come avete fatto a trovarmi così rapidamente?- chiede la giovane donna -

-Non è stato poi così difficile circoscrivere la zona da cui avevi sparato e da lì abbiamo seguito le tracce.- spiega la Vedova.

-Tracce? Quali tracce? Io non le lascio mai.-

            Una traccia olfattiva unica per ogni essere umano e con lei c’era uno dei pochi in grado di percepirla e seguirla, pensa Natasha, ma sia lei che Devil taceranno su questo.

            Un paio di auto si arrestano poco distante e ne scendono, tra gli altri: un uomo corpulento con una vaga rassomiglianza con Jerry Lewis, un altro uomo che indossa un elegante completo gessato scuro ed infine una giovane donna bionda in maglietta e jeans con i capelli biondi e una fondina ed un distintivo appesi alla cintura.

            I tre si avvicinano al gruppetto e quello più anziano commenta:

-E così l’avete beccata.-

-È tutta vostra, Tenente.- replica la Vedova Nera.-

            I tre si scambiano un rapido cenno d’intesa poi quello vestito di nero si rivolge alla bionda accanto a sé:

-A te l’onore, Penny.-

            La donna si rivolge a quella ammanettata dicendo con voce stentorea:

-Aileen O’Halloran, sono l’Agente Speciale dell’A.T.F.[5] Penelope Lathrop e questi sono il Tenente Terenzio Oliver Rucker del NYPD e l’Agente Speciale del F.B.I. Phil Corrigan. La dichiaro in arresto per omicidio plurimo. Ha il diritto di…-

            Il caso di Finn Cooley poteva dirsi chiuso.

 

            Napper French potrebbe sembrare solo un comune, innocuo vecchio pensionato che passa buona parte del suo tempo a curare le rose del suo giardino ma non è proprio così che stanno le cose. Può anche essersi ritirato, però Napper French non è e non sarà mai un comune pensionato: era un membro della vecchia mafia irlandese, ha torturato, ucciso o fatto uccidere molta gente. No, non è affatto un vecchietto innocuo.

            Quando piombo nel suo giardino, non si scompone e mi dice:

-Mi aspettavo una tua visita, Devil.-

-Quattro uomini sono morti oggi, uccisi a sangue freddo dalle sorelle O’Halloran nel tentativo di far evadere la maggiore, Megan, ed assassinare Liam Malloy. La responsabilità è anche tua, French. Tu le hai ingaggiate.-

-Davvero? E ne hai le prove? No, vero? E non credo che le Dalie faranno il mio nome per avere sconti di pena anche se magari i loro avvocati glielo hanno consigliato.-

            Rimango in silenzio e lui prosegue:

-Come sta Liam Malloy?-

-Qualche frattura di poco conto.- rispondo -Nulla di serio.-

-Certa gente nasce fortunata, ma chissà… la fortuna prima o poi finisce per tutti.-

-Finirà anche per te.-

-Alla mia età non mi spaventa molto.-

            Torna verso le rose e lo sento ridacchiare:

-L’infermeria di un carcere non è sempre un luogo sicuro.- dice -Chissà che al povero Liam non capiti un disgraziato incidente mentre è lì.-

            È inutile che risponda e resti qui ormai. Faccio scattare il cavo del mio bastone e salto verso un lampione. Mentre mi allontano sento l’eco della sua risata.

 

            Diario di Lynn Michaels. Annotazione n. 755. Io e Jeri Hogarth uscimmo dal tribunale e ci fermammo in cima alla scalinata.

-Soddisfatta?- mi chiese lei

-Sono una donna libera grazie a lei.- risposi -Non ho molta stima degli avvocati, ma devo ammettere che lei ha fatto un ottimo lavoro. Si è guadagnata il suo onorario… che io non sono in grado di pagarle.-

-La pubblicità di questo caso mi porterà abbastanza clienti da compensare abbondantemente la cosa, stia tranquilla, Miss Michaels. Che progetti ha adesso? Se le serve un lavoro, potrei darle una mano a trovarlo. Ne potremmo parlare stasera a cena.-

                Le sorrisi e scossi la testa.-

-Grazie, ma ho altri piani. Per cominciare, penso che farò una passeggiata.-

                Scesi rapidamente le scale e mi avviai verso un angolo. Un’auto mi stava aspettando. Salii accanto al guidatore… una donna dai capelli tra il biondo ed il rosso: l’ex Caporale dei Marines Rachel Cole-Alves. Assieme all’ex agente dello S.H.I.E.L.D. Kimberly Taylor avevamo formato una squadra che sistemava i criminali alla maniera di Frank Castle, il Punitore.

Io e Rachel ce l’eravamo cavata con la scusa della temporanea infermità mentale ma la nostra amica era ancora in carcere.[6]

-Sono felice di rivederti.- mi disse Rachel mentre si immetteva nel traffico..

-Ed io di rivedere te.- le risposi -Ora che ci siamo riunite, abbiamo un po’ di cose da sistemare.-

-Da dove vuoi cominciare?-

                Feci un largo sorriso e risposi:

-Dall’evasione di Frank e Kimberly, ovviamente.-

 

 

EPILOGO

 

 

Un giorno come un altro alla Palestra Fogwell a Hell’s Kitchen. Pop Fenton osserva due giovani pugili allenarsi sul ring mentre un altro colpisce ripetutamente il sacco.

Robert Baldini è uno dei suoi pugili più promettenti e presto arriverà al titolo, ne è certo. Ha quel qualcosa che ha visto solo poche volte, una determinazione che gli ricorda Jack Murdock, Jack che è finito male per non aver ceduto ai ricatti di un gangster, proprio come stava per accadere a Bobby se non fosse intervenuto Devil.[7]

-Io credo che sia pronto.-

            Pop si gira e si trova di fronte un uomo anziano che riconosce subito:

-Tu!- esclama.

-Sorpreso di vedermi?-

-Puoi scommetterci. Perché sei tornato?-

-Beh, questa è casa mia, no?-

-Una volta forse, ma le cose sono cambiate. Non c’è più posto per quelli come te, qui.-

-Anch’io sono cambiato. Vent’anni mi sono bastati per capire la lezione, adesso voglio solo stare in pace.-

-E dovrei crederti?-

            Il vecchio scrolla le spalle

-Questo posto è sempre lo stesso.- dice -Ricordo quando Battling Murdock si allenava qui e quel vecchio maneggione di Roscoe Sweeney era il suo manager. Lo chiamavamo Fixer per la sua abilità di sistemare le cose.-

-Certo: truccando gli incontri e facendo picchiare o uccidere chi non ci stava.-

-Dettagli. A proposito di Battling Murdock, ho sentito che il suo ragazzo ha fatto fortuna. Mi piacerebbe conoscerlo. Credi di potermi organizzare un incontro?-

            A quella frase di Alexander Bont, il vecchio boss della mafia irlandese di Hell’s Kitchen, Pop Fenton rimane decisamente senza parole dallo stupore.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Cosa dire di questa storia? Molto poco, quindi non perdiamo tempo.

1)    Le tre Dalie sono una mia creazione originale anche se fisicamente basate su alcuni personaggi del videogioco Tekken a cui ho rubato il look.

2)    Perché Dalie? Tutto deriva dalla mia passione per il noir; la Dalia Nera, al secolo Elizabeth Short, era un‘aspirante attrice che fu trovata morta, segata in due, a Los Angeles nel 1947, il suo omicidio non è mai stato risolto. La Dalia Azzurra è il titolo di un film noir del 1946 con Alan Ladd e Veronica Lake basato su una storia di Raymond Chandler, io ho aggiunto una Dalia Rossa.

3)    Alexander Bont è stato creato da Brian Michael Bendis & Alex Maleev su Daredevil Vol 2° #66 datato dicembre 2004.

4)    Robert Baldini è una creazione originale di Carmelo Mobilia.

Nel prossimo episodio: il crimine ha molte facce, scopritele con noi.

 

Carlo



[1]Nell’ultimo episodio ovviamente

[2] Sempre nello scorso episodio.

[3] Voi, invece, ne sapete di più se avete letto gli ultimi episodi di questa serie

[4] D’Irlanda ovviamente.

[5] Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms, and Explosives, l’agenzia federale del Dipartimento della Giustizia che si occupa del controllo del commercio della armi, tabacchi e liquori ed investiga su eventi causati da esplosivi.

[6] Vedi l’episodio #97.

[7] Non credeteci sulla parola, controllate la storia “Il diavolo nei guantoni” sullo Speciale Devil 50° Anniversario.